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Lunedì 27 Marzo 2017,
I recenti tragici avvenimenti riconducibili al fenomeno del terrorismo di matrice jihadista verificatisi in Europa a partire dal 2014 hanno portato il governo italiano a reagire di conseguenza e a dotarsi degli strumenti e delle tecniche necessarie a prevenire qualunque tipo di minaccia sul proprio territorio. Tra le strategie di prevenzione il primo posto è occupato dalla proposta di intensificare gli strumenti di intelligence, al momento troppo limitati e poco coordinati su tutto il territorio nazionale. Attraverso un impiego massiccio delle intercettazioni, sia tradizionali che telematiche, il governo ha proposto di combattere le minacce di terrorismo e prevenire eventuali stragi rivendicabili dallo Stato Islamico. L’utilizzo di strumenti sofisticati di intercettazione non è tuttavia assecondato da una parte dell’opinione pubblica e da diversi esperti di diritto dell’informatica i quali ritengono che la lotta al terrorismo non debba assolutamente prevalere sulla privacy informatica. Il dibattito si divide tra autori che sostengono un ampio utilizzo di metodi di intercettazione anche se a discapito della privacy e dei diritti alla riservatezza e autori che invece difendono tali diritti e non ritengono la minaccia di terrorismo un motivo evidente per intensificare i controlli su tutta la popolazione. Alcuni aspetti come l’emendamento della legge antiterrorismo e la questione dello spyware di Stato hanno contribuito ad accrescere il dibattito attorno a questa tematica.