Segnalato da Zarlock il
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Martedì 26 Settembre 2017, Anno 1785: le onde dell'Oceano Pacifico s'infrangono contro il rudimentale molo, mentre le imbarcazioni dei pescatori, gettando le proprie cime all'indirizzo dell'approdo, fanno il possibile per dar modo alla popolazione di sbarcare nuovamente nella terra della loro anima, la municipalità giapponese più difficile da raggiungere per mare. Nell'espressione di un sentimento noto come kanju , che significa "tornare al luogo della vita" ma anche, a seconda dei caratteri impiegati per scriverlo, "accettare" o "sottomettersi al dovere/destino". Poiché ogni 230-250 anni, le case di queste genti vengono devastate da un'eruzione terrificante, che fa scuotere la loro piccola casa come fosse il dorso di un drago risvegliatosi dal torpore dei secoli dimenticati. Ed ogni volta, puntualmente, la parte superstite degli abitanti cerca rifugio nella vicina e più grande isola di Hachijojima, per poi imbarcarsi di nuovo, e far puntualmente ritorno all'ovile. Siamo a 358 Km dall'allora città di Edo, destinata a diventare in futuro la tentacolare megalopoli tokyoita, tra le nebbie del distante Mare delle Filippine. La gente venuta fin quaggiù in origine, oltre al rispetto delle tradizioni familiari, ha almeno un'ottima ragione per tenersi lontano dalle terre centrali: primi fra tutti, i monaci del J?do Shinsh? o Buddhismo delle Terre Pure (corrente Wasan) esiliati dal tempio di Zojo-Ji come eretici ed oppositori del potere shogunale. Ed assieme a loro una selezione di discendenti di coloro che erano stati in qualche modo danneggiati dalle guerre civili, oppure restavano invisi ai funzionari del potere dei Tokugawa, ormai stanchi di nascondersi sotto falso nome. Dopo i duri sconvolgimenti dei secoli passati, dunque, il Giappone era un paese in pace. Ma la pace non è sempre un sinonimo del benessere civile. Così, eccole qui: circa 120-130 persone, i superstiti, i pionieri, coloro che erano sopravvissuti allo sciame di terremoti seguiti dalla colata lavica e la conseguente esplosione freatomagmatica, in grado di trasformare ulteriormente una delle isole più complesse, ed uniche nel paesaggio, dell'intero arcipelago delle Izu, site all'estremo sud della Terra degli Dei. Ma nessun Kami, nessun Buddha li avrebbe aiutati questa volta: soltanto il duro lavoro, e i materiali che si erano portati dietro, gli avrebbero permesso di ricostruire l'isola di Aogashima...