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Martedì 09 Maggio 2017, In punto di diritto va, quindi, osservato che la condotta posta in essere dal CAIO rientra, anche sotto il profilo psicologico, nell’ipotesi della truffa contrattuale che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, è configurabile allorché l’agente pone in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato.
La successiva inadempienza pertanto non costituisce illecito civile, ma la conclusione dell’attività criminosa.
Nella truffa contrattuale, poi, l’elemento che imprime al fatto della inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale, quello cioè che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei contraenti (falsandone, quindi, il processo volitivo avendolo determinato alla stipulazione del negozio in virtù dell’errore in lui generato mediante artifici o raggiri), rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria.