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Lunedì 20 Febbraio 2017,
Uber, nata in California nel 2009, è tra i casi di maggior successo della new economy, grazie all’impetuoso sviluppo del suo business, nato grazie a internet. L’idea vincente di Uber è stata quella di permettere, attraverso l’applicazione UberPop, a migliaia di automobilisti di divenire autisti (driver), con un utilizzo occasionale e redditizio dell’auto privata. A fronte di minimi requisiti (età, patente regolare, auto idonea e assicurata), grazie a un software per i dispositivi mobili, Uber ha messo in collegamento l’offerta di trasporto di migliaia di autisti privati, con la domanda di milioni di potenziali clienti iscritti al servizio, con tariffe di trasporto preventivabili e pagabili con carta di credito attraverso il sito. Oggi Uber è presente in 68 paesi (“uber.com”, consultato il 14 gennaio 2016) e circa 300 città ed è stata recentemente valutata come una delle start-up di maggior successo al mondo, per un valore di circa 50 miliardi di dollari. Uber è però avversata dai tassisti, che l’accusano di concorrenza sleale, i quali hanno spinto amministrazioni locali, governi nazionali e tribunali a intervenire o pronunciarsi sulla sua liceità. Se i sostenitori vedono nel servizio una innovativa forma di trasporto urbano, i detrattori l’accusano di essere una multinazionale che fa concorrenza sleale su scala mondiale ai tassisti, non in grado di garantire sicurezza ai clienti e irrispettosa dei normali diritti lavoristici dei suoi collaboratori.